Il Dolore: Tra Mito e Realtà
Autore: Massimo Cancelli Fisioterapista
Sono qui oggi per parlarvi di un enorme mito, questo è così pervasivo che quasi tutti ci credono, compresi molti professionisti della salute e potrebbe essere considerato come una delle principali cause di lombalgia persistente.
Il mito è “DOLORE = DANNO”!
Ora su molti livelli questo ci sembra giusto, se subiamo una lesione i nervi rilevano il cambiamento a livello tissutale, lo segnalano al cervello e noi sentiamo dolore. A dire il vero la ricerca ci ha mostrato che l’esperienza del dolore è molto più complessa e sfumata di così e che in realtà non riguarda la lesione in sé. Ti farò tre esempi:
1-Sappiamo che puoi avere una lesione senza provare dolore: se prendessimo 100 persone che non hanno mai avuto mal di schiena e le sottoponiamo alla risonanza magnetica, nel 50% di loro troveremo un rigonfiamento del disco o segni di artrosi che non producono sintomi e assolutamente nessun dolore;
2-Sappiamo anche che puoi provare dolore senza avere una lesione. Pensa alle emicranie come un esempio: il mal di testa che accompagna un’emicrania può essere davvero forte, ma non ci sono lesioni iniziali, non ci sono danni permanenti e nel giro di poche ore la persona è di solito completamente guarita. Quindi, cosa riguarda tutto
quel dolore?
3-Sappiamo anche che puoi provare dolore senza avere una parte del corpo, alcuni di voi potrebbero avere familiarità con l’arto fantasma, caratterizzato da sensazioni dolorifiche associate ad un arto che è stato amputato. Ci sono anche casi di persone nate senza arti che provano sensazioni da quelle parti del corpo che non hanno mai avuto, questo può essere inoltre replicato in soggetti non amputati..
Quindi riassumendo, sappiamo che possiamo avere una lesione senza avere dolore, dolore senza che ci sia una lesione e dolore senza nemmeno una parte del corpo.
Sulla base di questo possiamo quindi affermare che l’esperienza dolorosa non può riguardare solamente il danno tissutale.
Ora in realtà sappiamo che molte cose sono dirette alla creazione di un’esperienza di dolore e tutto ha a che fare con interazioni complesse all’interno del nostro sistema nervoso, ma poiché è abbastanza complicato mi piace pensare a questo fenomeno come ad un allarme antincendio.
Gli allarmi antincendio in realtà non rilevano il fuoco, in genere i loro sensori sono sensibili al calore o al fumo e allo stesso modo non ci sono segnali di dolore, nervi del dolore o vie per il dolore. I recettori posti all’estremità dei nervi sono sensibili a cose come: pressione, contatto, a determinati prodotti chimici nella zona,variazioni di temperatura, alla messa in tensione e tutte queste cose potrebbero implicare che ci sia qualche danno ai tessuti….ma non sempre.
In realtà sappiamo che il cervello prende in considerazione molte altre cose: valuterà il tuo umore e il livello degli ormoni dello stress nel sangue; ricercherà dei segnali all’ambiente cercando suoni e odori per capire dove ti trovi e cosa stai facendo; andrà a pescare nella memoria i tuoi ricordi chiedendosi se sei già stato in quella situazione o in quell’ ambiente e, soprattutto, terrà conto delle tue convinzioni e credenze personali riguardo la tua condizione di salute e sul tuo corpo.
Con tutte queste informazioni a sua disposizione il cervello si porrà una domanda: “Ho bisogno di proteggermi? “.
Se il cervello decide che ci sono delle possibili minacce produrrà l’esperienza dolorifica per proteggerti, come quell’allarme antincendio che rileva il calore o il fumo suonerà l’allarme.
Questo essenzialmente significa che il dolore non è qualcosa che esiste nel nostro corpo, è creato dal nostro cervello e proiettato sul nostro corpo.
Vorrei ora prendere un minuto per rispondere ad una domanda che so che molti di voi potrebbero pensare a questo punto: “Stai dicendo allora che per alcune persone il loro dolore è tutto nella loro testa?”.
Dico per tutti noi che il 100% delle volte il nostro dolore che proviamo è nella nostra testa, ma non fraintendetemi. Lasciatemi spiegare cosa intendo, quello che voglio dire è che il 100% delle volte il dolore è un output (“segnale in uscita”) del nostro cervello
e non un input (“segnale in entrata”) dal nostro corpo. Quello che invece non sto assolutamente dicendo è che se il dolore non è associato a un danno tissutale allora è in qualche modo meno reale.
Torniamo a quell’analogia dell’allarme antincendio, possiamo avere un allarme antincendio che suona a causa di un vero e proprio incendio domestico o quando bruci il toast al mattino: indipendentemente da ciò che ha attivato l’allarme antincendio, il suono che emette è sempre lo stesso.
La medesima cosa avviene con il dolore: indipendentemente da ciò che sta attivando la tua esperienza di dolore, nel momento in cui viene innescata l’esperienza dolorosa nel cervello essa è ugualmente reale e valida.
Per questo motivo dobbiamo allontanarci dal mito DOLORE = DANNO perché se crediamo che il dolore sia un indicatore preciso per rilevare un danno tissutale da solo, non solo non è vero, ma può rivelarsi non di aiuto.
Ho detto all’inizio che questo mito potrebbe essere considerato una delle principali cause di lombalgia persistente e uno dei motivi è che il linguaggio che usiamo quando parliamo di lombalgia può essere davvero spaventoso. Abbiamo parlato di dischi sfilacciati o di dischi rotti, articolazioni degenerate, bacino spostato o una spina dorsale che è fuori sede e tutte queste cose possono sembrare davvero spaventose anche se non sono affatto pericolose per la vita.
Quello che succede quando usiamo questo tipo di linguaggio è che la gente si spaventa del proprio corpo; ora che sappiamo che le paure, le convinzioni sul proprio corpo, il livello degli ormoni dello stress svolgono un ruolo davvero importante nella generazione di un’esperienza di dolore possiamo dedurre come potrebbe instaurarsi un circolo vizioso dove una persona sente dolore e diventa spaventata e così a sua volta comincia a sentire più dolore e diventare più spaventata.
Quindi una domanda ovvia da me oggi è che se tu sei un professionista sanitario, soprattutto se sei un terapista manuale, per favore, smetti di spaventare il tuo paziente! Non ci sono evidenze che il bacino ruotato esista nel modo in cui siamo soliti a descriverli, ma ci sono invece buone evidenze che il linguaggio che utilizziamo quando parliamo con i nostri pazienti del loro dolore può farli sentire deboli, fragili e vulnerabili e questo contribuisce sicuramente alla loro esperienza di dolore.
Se sei qui oggi come qualcuno che ha lottato con un dolore di lunga data e le statistiche suggeriscono che è uno su cinque di voi abbia avuto un’ esperienza del genere, lascia che ti dia tre verità che ti permettono di combattere il mito DOLORE = DANNO e che possono aiutarti con il tuo dolore:
TU SEI FONDAMENTALMENTE FORTE. Ora potresti avere familiarità con quelle statistiche che a volte compaiono come “Salute e sicurezza” che dicono che: se sei seduto con una cattiva postura o se sollevi dei carichi e ti pieghi senza flettere le ginocchia duplica il totale del carico che grava sulla tua colonna vertebrale. Le ricerche che hanno originato queste statistiche sono state fatte su cadaveri, ovvero persone che hanno donato i loro corpi alla scienza per la sperimentazione dopo la loro morte e quindi per me questo studio ha confermato qualcosa di molto ovvio: i cadaveri non dovrebbero sedersi sulle sedie o sollevare scatole pesanti!
I nostri tessuti sono straordinariamente forti e resilienti e in realtà ci vuole uno sforzo molto più grande di quanto pensiamo per fare un danno grave, ma anche in quel particolare studio anche i livelli più alti di carico che sono stati misurati in quei cadaveri sarebbero stati ben entro i livelli di tolleranza per una colonna vertebrale adattabile di un essere vivente. Tu non hai una struttura fragile!
NON AVERE PAURA DI MUOVERTI. Ci sono delle vere e proprie incomprensioni, come che piegarsi faccia male alla schiena e ci viene detto continuamente che dobbiamo stare dritti e contrarre il nostro addome prima di piegarci o mentre solleviamo dei pesi durante la vita di tutti i giorni. Onestamente irrigidire la colonna vertebrale in quel modo tutto il tempo è davvero innaturale e abbiamo un sacco di prove molto valide per i numerosi benefici riguardo il fatto di stare in movimento, rimanere attivi per tutte le condizioni dolorose. Nello
specifico, per la lombalgia sappiamo che stare attivi (e per molti questo significherebbe stare al lavoro) porta in generale a dei risultati migliori che includono un tempo di recupero più veloce e una riduzione del dolore. Quindi non avere paura del movimento, come si dice in giro “MOTION IS LOTION”, ovvero il movimento è una cura! STAI MIGLIORANDO. Pensa all’ultima volta che ti sei fatto un graffio o ti sei tagliato, quanto tempo ti ci è voluto per migliorare? Saresti stato sorpreso se un anno dopo stessi ancora sanguinando? Ovviamente! Siamo così abituati alla nostra pelle che si cura e guarisce da sola, ma non estendiamo quello stesso pensiero alle parti che non riusciamo a vedere come le nostre articolazioni o i nostri dischi. Le stesse cellule immunitarie guariscono la tua pelle lavorano anche all’interno e sono costantemente in movimento: curano, proteggono e riparano.
Quindi abbi un po’ di fiducia, vai sempre migliorando!
Ora, ritengo che questo argomento sia veramente importante poiché un’interpretazione errata del dolore e una paura riguardo il proprio corpo possono essere un peso veramente grande. I pazienti mi raccontano spesso che hanno dovuto smettere di fare le cose che amano o che non possono più fare cose che sono veramente importanti per loro
perché ritengono che i loro corpi non siano in grado di sostenere quello sforzo e infatti ricordo una paziente in particolare che mi disse che non aveva scelta se non di abortire a causa della tensione insopportabile che la gravidanza avrebbe messo sulla zona lombare.
L’impatto non si fa sentire solo a livello individuale, il dolore al collo e la lombalgia nel Regno Unito sono entrambe le principali cause di assenteismo dal lavoro e il Regno Unito come la maggior parte dei paesi europei spende tra il 2 e il 3% del PIL ogni anno nel loro trattamento e questo rende effettivamente le cure per questo tipo di dolore più costose del diabete e del cancro combinati.
Immaginiamo quanto sarebbe diverso se buttassimo via quel mito del DOLORE = DANNO e se invece di andare a spingere verso l’inattività e la paura ci ricordassimo di essere fondamentalmente forti e in grado di migliorare, quanto sarebbe liberatorio se ci ricordassimo che il movimento costruisce i nostri corpi invece di spezzarli.
Quanto diventeremo forti se riconoscessimo il pieno potenziale del nostro cervello nella gestione dell’esperienza dolorosa?
Autore: Massimo Cancelli Fisioterapista
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